Sophia - Oct. 23 '04: Estragon, Bologna (I) (+ string quartet) with Thalia Zedek

Review 1
Estragon. Appena uscito da Bologna Centrale è là che vengo condotto, un locale dalla capienza limitata ma stupendo. Ricorda il Babylonia in provincia di Biella, ma più essenziale. E' anche un'occasione per filtrare dal mio sentire i bpm in eccesso questa, oltre che per supportare i Sophia. In tour con tanto di quartetto d'archi al seguito: le loro composizioni godono così di una resa avvolgente, ma non mancano fasi che vedono il suono inturgidirsi, in crescendo, uno strato sull'altro. Serena l'ironia con cui Robin Proper-Sheppard annuncia come primo bis, per festeggiare il proprio compleanno, l'esecuzione di una canzone "la più felice che ho scritto". In realtà tra le più dolenti del repertorio. Tratta di peso da quel primo album primo vagito di creatività dopo la morte del bassista suo amico, e la fine del gruppo a cui avevano dato vita insieme, una storia ancora precedente dal nome God Machine. Ma l'autentica sorpresa per i miei occhi è toccare con mano la voce di Thalia Zedek, anch'essa risuona questa sera, a mia insaputa finchè non sono giunto in prossimità dei cancelli, di spalla al gruppo inglese. Ricordo la prima volta che l'ascoltai, nei Come, senza capire se fosse d'origine maschile o femminile. Senza saper ipotizzare di quante dolorose esperienze, tra alcool, droga, ritrovarsi su una strada dopo lo scioglimento di un primo gruppo dal discreto successo, fosse intessuta. Oltre alla sua chitarra, sono sufficienti un violinista e un batterista per generare il sinolo di materia rock e una forma dilatata di blues che schiude ogni sua canzone. Un'altra delle storie (altrimenti inenarrabili?) a cui ha inavvertitamente conferito visibilità l'invenzione del rock. E che il tempo, qui all'Estragon, coglie più che altro a sorridere e firmare cd, con un pennarello nero
popkiller.splinder.com

Review 2
Sono ancora qui e questa volta hanno portato con sé ben quattro archi in carne e ossa, o meglio legno e stringhe. In questo modo i Sophia giustificano la seconda calata italica annuale, portando anche nel bagaglio un paio di nuove uscite: l'ep Desert Song No.2 e la raccolta di inediti Collection One, assaltata dai supporter in cerca di un nuovo pezzo da collezione in tiratura limitata. L'attrattiva di violino & co. è forte, ma risulterà proprio per questo la piccola delusione della serata, dato che l'apporto degli ospiti risulterà davvero significativo in una manciata di canzoni, mentre i quattro non potranno che stare a guardare durante le frequenti esplosioni elettriche che i Sophia mettono in campo quando giunge il momento di suonare dal vivo. Sono molti in effetti i pezzi snaturati, soprattutto in coda, dall'aggiunta di una sfuriata rockeggiante, come è giusto che sia perché all'intensità trasmessa dai passaggi più sofferti si aggiunga altrettanta energia esplosiva. Se dunque i due pezzi iniziali (il primo un inedito tratto da Collection One) vanno letti tutti sul volto di Robin Proper-Sheppard, così come le eccezionali Bastards (attesissima) e So Slow, principali beneficiarie del quartetto di archi, sono frequenti i momenti in cui il rombo di chitarre si fa assordante e non coincidono soltanto con i classici brani che induriscono le prove in studio. Tra questi riscuotono successo le trascinatissime Desert Song No. e The River Song, quest'ultima appoggiata anche da una terza chitarra suonata con una bacchetta da batterista (!). Per non parlare della conclusiva If A Change Is Gonna Come..., in cui anche lo stesso Robin smette la chitarra acustica per inspessire ulteriormente il muro di suono, che arriva quindi a sfiorare quello di una comune punk-rock band da strada.
Causa orario ormai molto vicino alla deadline delle 00:30, soltanto due (ottimi) pezzi saranno bottino degli ascoltatori durante l'encore, che riserva però ai più disattenti la sorpresa della serata: un allegro siparietto celebrativo in occasione del compleanno dello stesso Robin, autore tra l'altro dei soliti commenti divertenti e divertiti per tutta la durata del concerto, tra i quali possiamo ricordare la chiara ammissione di fronte all'amnesia sul testo di Fool e la dichiarata paura per un intervento della polizia a chiudere un concerto che stava per sforare l'orario consentito. Questi e altri segni, in primis i sorrisi dispensati nel dopo-concerto, sono la testimonianza della buona vena della band e in particolare del suo leader, forse proprio per quel "birthday mood" dietro al quale si nasconde Robin, o forse perché in fondo la musica e i suoi fan riescono a farlo felice
Alessandro Ballini, www.hmp.it

Set list
Airports (intro)
Wind in your sail
Fool
Swept back
Desert song No. 2
Everyday
Oh my love
Holidays are nice
Bastards
Bad man
The river song
If a change is gonna come...
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So slow
The sea

Pic by Carlo Cybersky

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Pic by hmp.it

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