Sophia (Robin solo) - 30.11.2019: Teatro Bolivar, Napoli (IT), with Giardini di Mirò


Review
Corsi e ricorsi storici (in questo caso artistici) hanno portato, sabato 30 novembre, al Teatro Bolivar, i Giardini di Mirò e Robin Proper-Sheppard, assieme in scena per la prima volta a Napoli, in occasione dei 30 anni di Freakout Magazine e con la collaborazione di Rockalvi Festival. Tengo a fare da subito una personale considerazione: vincente la scelta del teatro per un concerto “da teatro”. Posti a sedere, attenzione, atmosfera e un palcoscenico che se è stato scosso nelle fondamenta (in termini di acustica) per il wall of sound generato dai sei più uno musicisti, al contempo ha restituito una perfetta dimensione al tutto, permettendo alla musica di adagiarsi sugli scranni che le competono. La serata, sin dal suo annuncio fibrillata nell’attesa per la presenza di Robin Proper Sheppard (storico frontman dei gruppi Sophia e God Machine, nonché artista molto amato e stimato in tutto il circuito alt-indie), non ha deluso le aspettative. Un concerto che senza soluzione di continuità, ha, nella sua interezza, per due ore tessuto musica senza cali di tensione. L’apertura è stata affidata a Sheppard, protagonista da solo di un particolarissimo open act di cantautorato indie suonato senza amplificazione. Dopo un solo primo pezzo con microfonazione, il musicista statunitense (ma di adozione inglese) ha, infatti, con un colpo di scena teatrale, abbandonato il centro del palco per esibirsi in puro unplugged a ridosso del pubblico. Un azzeramento delle distanze che oltre a creare un’inimitabile intimità ha fatto riappropriare alla musica suonata la propria dimensione umana nel rapporto diretto tra artista e spettatori. Subito a seguire i Giardini di Mirò, in formazione gli storici da Jukka Reverberi (chitarra, voce), Corrado Nuccini (chitarra, voce), Luca Di Mira (tastiere), Emanuele Reverberi (violino, tromba) con una sezione ritmica nuova per l’occasione. La band, impegnata nella presentazione del tour “A Beatiful Noise Between Light and Shade“, ha saturato la sala di claustrofobiche aperture (tanto da desertiche tinte quanto da ossessioni post industriali) e di risvegli post rock da landscape contemporanea, confermandosi, nel genere, una delle più importanti realtà italiane dall’impronta e fama internazionale. Su una solida e mobile sessione ritmica, con naturalezza, si sono mosse le screziature di tastiera e gli arpeggi e i riff di chitarra, con il duplice ruolo ora di protagonisti ora di contorno per il violino e i fiati a loro volta solisti e corali. Le visioni e le suggestioni hanno raggiunto la loro acme quando Robin Proper Sheppard si è unito, voce e chitarra acustica, ai Giardini di Mirò, segnando il passaggio da sei a sette elementi, caratterizzando un finale che, al di là del classico “Hold On”, ha stordito con una ancor più solida compattezza sonora, quasi come se la chitarra ritmica di Sheppard da aggiuntiva si fosse resa necessaria, al pari della sua voce, incisiva e prepotente rispetto a quelle sino a quel momento udite. Mi riservo un’ultima considerazione finale. Al netto di tutte le valutazioni, gusti personali e partigianerie … Napoli si sta confermando sempre più tappa e vetrina per la musica internazionale che conta. Resta, dunque, forte la speranza che i napoletani, addetti ai lavori in primis, sappiano cogliere l’importanza di ciò, valorizzando sempre tale operato con la loro presenza.
Marco Sica, www.freakoutmagazine.it, 2/12/2019


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